Porta Montana è stato il luogo di ritrovo per la visita a Ferentino, in una giornata fredda ma soleggiata e tersa.
Paese di antica tradizione che Orazio descrive all’amico Sceva come località del buon vivere ameno e tranquillo: “Se a te piace la vita tranquilla ed il sonno protratto a giorno pieno, se ti seccano polvere e frastuono di ruote e le osterie, ti consiglierei di andare a Ferentino: infatti non solo ai ricchi è consentito godere del sole”. Non è molto cambiata Ferentino, anche se le automobili purtroppo sono più invadenti di quanto sia desiderabile…
Se le sue origini si confondono tra storia e mito, sono invece di attestata epoca romana le mura cosiddette megalitiche o ciclopiche: una cinta di blocchi in travertino in opera poligonale, di differente consistenza e forma, eretta a creare un efficiente sistema difensivo.
La passeggiata lungo la via consolare ha consentito di approfondire aspetti di vita medievale poco conosciuti e anche sorprendenti, ad ulteriore conferma che quei secoli sono stati tutt’altro che un periodo buio.
Si è parlato di statuti comunali che istituiscono norme edilizie per regolare lo spazio pubblico e il decoro urbano, espressione di una modernità che potrebbe sapientemente guidarci ancora oggi. Di una visione della città in cui un sistema regolato della vita collettiva è espressione e immagine del Buon Governo, come illustrato negli affreschi di Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena. Una curiosità: la separazione degli edifici da interstizi per contrastare la propagazione delle fiamme in caso di incendi. Gli statuti ricordano che non vanno ingombrati da rifiuti…
Ci siamo soffermati poi davanti al mercato romano, una vasta sala coperta da una volta a botte in “opus coementicium”, fiancheggiata da cinque botteghe e, passo dopo passo, siamo saliti verso l’acropoli sulla cui sommità sorge oggi la Cattedrale, dedicata ai Ss. Giovanni e Paolo. L’interno ha una pavimentazione cosmatesca, con la caratteristica armonia geometrica dei marmi colorati, di stupefacente ampiezza e raffinata fattura.
Attraversato l’imponente terrazzamento dell’acropoli, la nostra visita si è conclusa all’interno della chiesa di S. Maria Maggiore, oggetto di numerosi studi della nostra fantastica guida: Emanuele Gallotta, che oltre a raccontarci la storia dell’edificio alla luce dei documenti e degli studi del passato, ci ha rivelato le ragioni (storiche, culturali) della dicotomia tra zona presbiteriale e zona “cistercense” delle navate e di come anche qui, in modo originale, si riscontri l’influenza dell’architettura “ultramontana” che si ritrova in tutto il Lazio meridionale, a partire da Fossanova.
Colpo di scena finale: Emanuele ha efficacemente confutato l’idea che l’edificio possa definirsi un’abbazia come è indicato in tutti i siti che lo riguardano: dove sono la sala capitolare, il refettorio, gli edifici dei conversi, la foresteria? Santa Maria Maggiore può invece essere l’antica cattedrale di Ferentino? Discussione aperta e approfondimenti in corso…
Infine: elogio corale ad Emanuele, e alla sua rara capacità di trasmettere una conoscenza profonda della storia di questi luoghi, davanti ai piatti di un’ottima trattoria locale (da lui stesso individuata, altro elemento che ce lo rende caro…).