“Quanto a me mi sento già sacrificato a Dio e il tempo della mia partenza si avvicina. Ho combattuto la buona battaglia, ho compiuto la mia corsa, sono stato fedele.”.
Paolo di Tarso così saluta il suo amato discepolo Timoteo, nella seconda lettera che gli scrive (4, 6). Timoteo è a Efeso, lui è a Roma, in carcere. Ha ricevuto la sentenza: è il 67 dopo Cristo e la sua testa sta per essere spiccata dal corpo.
La scena in cui ciò avvenne è un luogo molto bello, dalle acque salubri, appena fuori Roma. Altre acque sgorgarono, miracolosamente, dai tre salti che la testa dell’apostolo delle Genti fece dopo la decapitazione.
Un monastero di monaci della Cilicia è documentato nel sito già nel VII secolo; tra XII e XIII secolo fu cinto da mura dotate di una torre con arco, tuttora ingresso della cittadella.
Partendo da queste premesse, abbiamo seguito con Emanuele Gallotta lo svolgersi delle vicende medievali e moderne del complesso abbaziale, tra scismi, papi, antipapi, abati commendatari… stratificazione abituale del tessuto storico di Roma ma difficile da “leggere” a meno di non avere chi te lo interpreta davanti agli occhi nei suoi dati materiali (e spirituali).
Così non avremmo mai capito guardando semplicemente la planimetria del complesso perché il chiostro è situato a nord invece che a sud rispetto alla chiesa, contraddicendo apparentemente dettami religiosi e logica costruttiva. A sud si trovava (e si trova) la strada che condusse San Paolo al luogo del martirio: una strada-reliquia dunque, che non si poteva profanare con una costruzione nuova.
Questo rispetto e venerazione per uno dei santi più importanti della fede cristiana delle origini si deve anche all’influenza di San Bernardo di Chiaravalle. Fu grazie al suo diretto intervento che papa Innocenzo II affidò all’ordine cistercense la ricostruzione dell’abbazia, a metà XII secolo.
Solo altre due abbazie in Italia, Chiaravalle milanese e Fiastra, vantano questo collegamento diretto con S. Bernardo. La riforma da lui promossa, che ha dato vita in architettura, in Francia come in Italia, ad esempi splendidi di edifici, si basava sul ritorno al monachesimo delle origini: saldezza nella vocazione e nella professione di fede, spazi di devozione e preghiera quanto più semplici e puri.
Nonostante i secoli passati, e grazie alla lettura accurata che ci ha offerto Emanuele, qui, alle Tre Fontane, ancora perfettamente intellegibili.