Giusto una settimana fa, in un pomeriggio caldo ma piacevolmente ventilato, un piccolo gruppo di soci, accompagnato da Federica Di Folco, ha percorso le strade della Trastevere Sacra, di qua e di là dal Viale omonimo, da Santa Cecilia a Santa Maria in Trastevere.
Quartiere noto, quasi la quintessenza di Roma, talmente tanto quintessenza che … quasi non è Roma.
I trasteverini veraci si considerano in un certo senso qualcosa di diverso e non è un caso che fino a poco tempo fa se dovevano andare in centro dicevano “dentro Roma”, come se loro fossero fuori. E di fatto lo erano, fuori, un po’ perché la loro era la riva “etrusca” del Tevere – la Roma dei monumenti pubblici era sull’altra riva – un po’ perché qui sbarcavano stranieri che si aggiungevano alla già notevole miscela etnica di Roma.
Provenivano da tutto il Mediterraneo: commercianti e migranti, ebrei, siriani … a un certo punto apparve su queste rive perfino una bellissima regina egizia, che portava con sé il figlio avuto da Giulio Cesare e che, con il suo seguito stravagante, decisamente non passò inosservata.
Il dialetto trasteverino
Il dialetto trasteverino è leggermente diverso dal romanesco ma soprattutto, e questo è stato il tema della nostra passeggiata, la religiosità di questo quartiere è diversa, peculiare.
All’affermarsi del cristianesimo tre “tituli” organizzano il corpus dei fedeli, e sono chiese bellissime: Santa Cecilia, San Crisogono, Santa Maria in Trastevere.
Ma i fedeli appartengono ai ceti popolari e questa caratteristica, che se si sta attenti si percepisce ancora oggi malgrado la gentrificazione, contrassegna anche i modi di vivere il sacro.
Il corpo di Santa Cecilia
Il rinvenimento miracoloso del corpo di Santa Cecilia viene celebrato, all’inizio del 1600, con una scultura. La esegue Stefano Maderno ed essa è tuttora conservata nella chiesa dedicata alla martire trasteverina, sotto l’altare con il ciborio di Arnolfo di Cambio: forse una delle opere più commoventi della storia della scultura. Il marmo è lieve, l’immagine intima, perfettamente adeguata al luogo.
Circa cinquant’anni più tardi, il marmo si muove in mille pieghe nella Santa Teresa di Bernini in Santa Maria della Vittoria ed è un altro tipo di religiosità che trionfa. Ma non qui, non nella Trastevere Sacra … lo stesso Bernini del resto offrirà nella Ludovica Albertoni di San Francesco a Ripa una versione più raccolta dell’estasi.
Grazie Federica, è davvero un piacere ascoltarti e seguire con te strade non scontate.