Secondo appuntamento sulla palazzina romana. Classico giro ad anello al quale il nostro architetto di fiducia, il bravissimo Alberto Coppo, ci ha abituati e a cui ormai siamo molto affezionati.
Di fronte al giardino De Meo, da poco tempo riqualificato dopo essere stato riguadagnato al pubblico per l’azione della cittadinanza organizzata.
Primo segmento dell’anello: via di Villa Massimo e la Palazzina Jannamorelli, di Pietro Aschieri, del 1933, di cui siamo anche riusciti a vedere il mitico androne con pseudo-impluvium, e poi la Palazzina Rea, iniziata nel ‘34 e terminata nel ‘36 da Mario Ridolfi e Wolfang Frankl.
Poi, davanti al portale di Villa Massimo, sede dell’Accademia tedesca, si evoca proprio il rapporto strettissimo tra i due architetti (sia Frankl che Ridolfi conoscono Konrad Wachsmann e dunque la avanzata cultura architettonica tedesca).
Prendiamo via De Rossi, ma facciamo prima una deviazione formale e temporale su un incunabolo di architettura post-moderna: Casa Papanice di Portoghesi e Gigliotti, dei tardi anni ‘60, in via Giuseppe De Marchi. Una pianta mossa e basata sul cerchio, anzi sul cerchio concentrico, spezzata e curvilinea, ma con decisi elementi verticali. Destino infelice: essendo non vincolata e di proprietà privata risulta fortemente manomessa ed è oggi sede di un’ambasciata che non brilla per la sua manutenzione. Peccato.
Ritorno in Via De Rossi, con le palazzine dell’ingegner Ugo Luccichenti, edificate tra il ‘38 e il ‘39 per la Società Generale Immobiliare con appartamenti signorili e dunque destinati all’alta borghesia, ancora oggi molto gelosa di sé, a giudicare dalla solerzia con cui siamo stati redarguiti dal custode al nostro ingresso nel bellissimo androne, …
Infine, incrociamo di nuovo la coppia Ridolfi-Frankl in una palazzina di grande novità compositiva nel segno del neorealismo, Casa Zaccardi, del ‘51 / ‘52. Pareti mosse e grande discontinuità sia sulle pareti di facciata, accentuata dal diverso cromatismo, che nel volume dell’edificio spezzato in due blocchi. Una sorpresa: le mattonelle all’ingresso e le fioriere di ceramica di Leoncillo. Infine la Palazzina Salvati (l’ingegner Salvati ne è il progettista e il committente) con i suoi elementi avanzanti, pensilina e decorazioni orizzontali dei balconi. Linee spezzate, naturalmente.
Di nuovo a Via di Villa Massimo, applausi, saluti e sole: alla prossima puntata.