La mostra di Palazzo Braschi “Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX Secolo” è stata l’occasione per avvicinarci a un tema, quello della declinazione di genere nelle arti, piuttosto attuale, se non di moda… Con Matteo Piccioni abbiamo seguito i percorsi professionali delle tante artiste che hanno contribuito allo sviluppo culturale della città eterna e non solo. Attraverso le opere di oltre cinquanta artiste, allestite in modo chiaro e con pannelli esaurienti, viene illuminata, è proprio il caso di dire, una rilevante porzione di storia dell’arte rimasta oscurata dai diffusi pregiudizi che mantenevano il mondo femminile “doverosamente” lontano dagli ambienti culturali.
Abbiamo dunque ascoltato del lento e faticoso inserimento di queste pittrici in un contesto di rilevanza nazionale e internazionale, favorito gradualmente dall’accesso alla formazione professionale in importanti istituzioni della città, quali l’Accademia di San Luca e l’Accademia dei Virtuosi al Pantheon.
La spinta inziale arrivava spesso dalla presenza in famiglia di un genitore che già operava in ambito artistico e comprendeva le doti della figlia. In mostra non mancano degli esempi emblematici. Anzitutto Lavinia Fontana (1552-1614), che si forma nella celebre bottega bolognese del padre Prospero ed acquisisce fama per i suoi ritratti che indagano la psicologia dei personaggi. È qui presente il celebre Autoritratto alla spinetta (in doppia versione su olio e su rame) che suggella il polivalente talento di Lavinia, apprezzato anche presso le alte sfere ecclesiastiche.
Di Artemisia Gentileschi (1593-1654) molto si è esposto e trattato negli ultimi anni, tanto a livello artistico che biografico. Il chiaroscuro di derivazione caravaggesca, la sensualità delle figure femminili spesso resilienti e quindi trionfanti, sono alcuni elementi caratteristici della sua pittura che, a differenza di quanto accade a molte colleghe, le hanno consentito di ottenere anche commissioni religiose di prestigio.
Giovanna Garzoni (1660-1670) dimostra invece un particolare interesse per la botanica, lavorando a nature morte rappresentate in modo lenticolare, con quel dettaglio fiammingo che all’epoca era di assoluto pregio.
Ancora tanti i nomi rilevanti di cui Matteo ci ha esposto le sfaccettate connotazioni artistiche: Angelika Kauffmann, pittrice e collezionista del ‘700 così onorata da ricevere un funerale istituzionale organizzato da Antonio Canova, l’architetta Plautilla Bricci, l’incisora Laura Piranesi per ricordare altri nomi piuttosto noti.
Ma sono esposte pregevoli opere di altre artiste misconosciute o del tutto ignote e terminiamo il percorso di visita con la consapevolezza di quanta bellezza sia rimasta celata per secoli e che solo negli ultimi anni si stia valorizzando grazie al lavoro appassionato, finalmente privo di pregiudizi, di studiose e studiosi e ricercatori e ricercatrici.
















