La villa di Agostino Chigi, ovvero il Palazzo del Giardino, ovvero – con il suo nome più tardo – la Farnesina, è sempre un luogo di fascino incomparabile e a prova di giornata piovosa.
Certo, girare per il giardino come speravamo di poter fare a fine visita, non è stato possibile, ma il nostro tempo è stato comunque ben speso. Con la guida di Rossella Faraglia l’abbiamo visitata entrando dall’ingresso a nord, opportunamente tornato a essere come nel passato l’acceso principale.
Le due ali avanzanti nel giardino, la decorazione all’antica, i ritmi eleganti di archi e paraste rendono questo edificio, progettato dal senese Baldassarre Peruzzi nei primi anni del ‘500, il perfetto prototipo di villa rinascimentale che programmaticamente si pone ad imitazione dei modelli antichi. Modelli ai quali aderisce il banchiere senese “magnifico” che la fece costruire, decorare e abbellire seguendo gli esempi presi dalle descrizioni delle ville antiche e dai trattati, scegliendo gli artisti che più di tutti potessero adeguarsi a questo programma e seguendo egli stesso uno stile di vita che potesse uniformarsi agli esempi del passato.
Il nome di Raffaello è ovviamente quello che emerge come perfetta sintesi di questi pensieri. E a lui, appena uscito dal cantiere della Stanza della Segnatura in Vaticano, Agostino chiede di inserire una pittura all’antica, la famosa Galatea, nella Loggia sul Fiume, oggi Loggia di Galatea. Le pitture eseguite in precedenza, dallo stesso Baldassarre Peruzzi che con grande maestria raffigurò sul soffitto la carta astrale di Agostino e, soprattutto, dal veneziano Sebastiano del Piombo, con la sua pittura naturalistica, atmosferica, sembravano non poter dialogare con questo smaltato inserto. Così, la decorazione rimase monca e fu terminata solo nel ‘600 con paesaggi che nulla hanno a che fare con le favole ovidiane e di altre fonti letterarie rappresentate dai tre artisti.
Raffaello tornò qualche anno dopo aver eseguito la Galatea e, con la sua scuola ormai perfettamente avviata, realizzò la stupefacente volta della Loggia Nord, la Loggia di Amore e Psiche, che illustra il celeberrimo racconto di Apuleio, con gli episodi che avvengono in cielo, tra divinità femminili che incarnano l’ideale di bellezza che sottende tutta l’estetica di Raffaello. Le scene sono collocate in un ideale padiglione a finti arazzi e tra festoni di fiori e frutta che portano all’interno della dimora i profumi e i colori del giardino. Nella loggia trova ancora posto, da una mostra recente, una Psiche di marmo, copia di originale ellenistico proveniente dai Musei Capitolini e un tempo nella villa, insieme a circa ottanta sculture e innumerevoli altre nel giardino, a formare una delle più importanti collezioni antiquarie del tempo.
Nella sala delle Prospettive, al piano nobile, ritroviamo Peruzzi con le favole ovidiane e di altre fonti dipinte nel fregio che corre sopra il finto colonnato marmoreo che decora le pareti. Infine, la sala delle Nozze di Alessandro e Rossane, camera da letto piccola e preziosa, con i dipinti di Sodoma e il loro splendido sfumato. Nei recenti restauri, è comparso un graffito antico: tale Johannes Maria de Anversa ricorda il suo imperatore mettendo accanto alla sua firma “V K imp” (Carlo V imperatore). È un’ulteriore testimonianza degli sfregi fatti dalle truppe mercenarie dell’impero asburgico che misero a ferro e a fuoco Roma nel devastante Sacco del 1527, che il Chigi non vide.
Il 28 di agosto del 1519 aveva sposato, con una cerimonia qui nella villa officiata dal papa Leone X, Francesca Ordeaschi, conosciuta a Venezia, con cui conviveva more uxorio e che già gli aveva dato dei figli. Pochi mesi dopo morì, a solo cinque giorni di distanza dal suo amico pittore, Raffaello, nell’aprile 1520.
Della sua enorme fortuna non rimase nulla, se non questa dimora e queste pitture, il resto disperso o distrutto, come gran parte del magnifico giardino. La villa passò ai Farnese a fine ‘500 e da allora, preziosa dépendance di Palazzo Farnese, è conosciuta come la Farnesina.