Ieri appuntamento alla Certosa di Trisulti, immersa nel verde delle rigogliose foreste dei monti Ernici. Il monastero, che già esisteva alla fine del X secolo, venne affidato a inizio ‘200 da papa Innocenzo III ai monaci che seguivano le consuetudini della casa madre, fondata nel 1084 da San Bruno nelle Alpi francesi, la Chartreuse.
Luogo impervio da raggiungere, emblematico dell’ordine monastico dei certosini che ricercavano zone isolate, idonee alla vita cenobitica di preghiera, ancor più severa di quella dei loro ‘concorrenti’ cistercensi.
Prende il nome dal latino ‘tres saltibus” (tre salti) con cui si indicava il sito di un antico castello di proprietà dei Colonna che si ergeva su 3 valichi.
Varcata la soglia, la visita ha avuto un inizio scenografico e suggestivo presso la pescheria, una vasca monumentale dalle acque cristalline dove i monaci praticavano l’itticoltura per uso domestico.
Ci siamo quindi recati alla chiesa dedicata a San Bartolomeo e San Bruno, il fondatore dell’ordine certosino, di cui quasi nulla, se non i volumi, resta dell’edificio medievale.
Conformemente alla tradizione dell’ordine, l’interno è suddiviso in due parti: quello dei conversi (laici adibiti ai lavori manuali) e quello riservato ai monaci.
Poco o nulla rimane a ricordo della originaria sobrietà: le ricche decorazioni dei cori lignei e la policromia dei preziosi marmi degli altari rimandano ad una sontuosità aborrita dai padri fondatori.
Un lungo corridoio coperto conduce al grande chiostro su cui affacciavano le celle dei monaci, anche questo risultato dell’ammodernamento settecentesco. Tra i vari edifici quello sicuramente di maggior rilievo è la Farmacia con la sala principale decorata in stile pompeiano, che conserva, all’interno di bei vasi, rimedi medicinali ricavati dalle erbe un tempo coltivate nell’antistante orto botanico, oggi giardino all’italiana con siepi di bosso e aiole di fiori.
La nostra guida Emanuele Gallotta ci ha restituito con immagini vivide quella che doveva essere la vita quotidiana dei monaci medievali. La breve visita al santuario della Madonna delle Cese, al termine di un sentiero immerso nel verde del bosco di querce profumato dai fiori di ginestra, è stata la nostra tappa finale.
Come da consuetudine (non certosina ma associativa), ci siamo quindi ritrovati a tavola, in un caratteristico ristorante della zona, a degustare specialità locali, di semplice fattura e di grato sapore.