Chi pensa di conoscere “abbastanza bene” la zona di Campo Marzio tra Largo Argentina, Campo de’ Fiori, la Sapienza, S. Eustachio… non ha mai fatto questo percorso con un archeologo del paesaggio.
Infatti, se è ben noto che la storia di Roma nei suoi monumenti e nel suo tessuto urbano è stratificata, per comprenderla veramente occorre immaginare (sì, l’immaginazione come sempre aiuta, soprattutto se guidata) cosa c’era in quel “pieno” o cosa rimane di quel “vuoto”…
Il Campo Marzio era una zona paludosa, una delle paludi (la Palus Caprae) vide l’ascensione di Romolo. Era il luogo dei Septa, dell’antico “Ovile”, dove i romani andavano (ordinatamente ?) a votare. Noi partiamo per il nostro giro da Largo Argentina, un vuoto e un pieno allo stesso tempo: un grosso buco, risultato di demolizioni abbastanza sciagurate, che contiene quattro templi riferiti a conquiste consolari, e che ha una continuità d’uso in epoca medievale: resti di un monastero forse fondato dal filosofo Boezio, la chiesa di S. Nicola nel tempio A. Il nome dato alla chiesa, “de calcarario”, ricorda la presenza delle famose calcare, fornaci in cui si “cuoceva” il marmo per farne calce, e non è l’unico toponimo che ci dice che nella zona erano presenti impianti industriali e manifatturieri: Santa Caterina dei Funari ricorda un’altra di queste attività.
L’edilizia abitativa – in una città che passa dal milione di abitanti dell’età imperiale ai trentamila dopo la guerra greco-gotica, per crescere di numero fino ai cinquantacinquemila del 1526 – si fa sempre più serrata, nascono le torri baronali: qui sono presenti quelle dei Cesarini, degli Orsini, ma anche la famosa Torre Argentina, che prende il nome dal luogo di origine di Johannes Burckardt, camerlengo e cerimoniere di Alessandro VI Borgia che qui abitava in un palazzetto piuttosto dignitoso, perfettamente affacciato su un tratto della via papalis, oggi via del Sudario, così da essere sempre “sul pezzo”. Veniva da Strasburgo, in antico Argentoratum… nome fascinoso preso anche dal celebre teatro affacciato sulla piazza.
Di torri ne abbiamo viste di quasi irriconoscibili, ridotte a una striscia di muro con finestrine rettangolari minuscole, inglobate in edilizia successiva, la stessa che approfitta e cannibalizza gli imponenti resti del teatro del supponente e arrogante Pompeo. L’impronta che il nemico di Cesare impresse alla zona è ancora oggi ben apprezzabile nella forma circolare della via di Grottapinta.
Sbucati in Campo de’ Fiori, ecco un’altra torre poco distinguibile come tale: la torre Arpacasa, addossata al palazzo Orsini, ora proprio sopra al cinema Farnese, in origine sul luogo del tempio di Venere che – a sua volta – si ergeva sul teatro di Pompeo… Insomma rimandi infiniti, come quello che attiene alla storia sociale: S.Eustachio fu eretta, per volontà di Gregorio Magno, come diaconia, cioè come centro di raccolta e distribuzione di beni per i più poveri. Ebbene, l’attuale parroco svolge oggi, circa quattordici secoli dopo, le stesse funzioni, offrendo da mangiare a chi ne ha bisogno. Ha anche creato una casa con docce calde e un dormitorio. Qualche critica, ma lui regge bene…
Continuiamo il giro, stavolta intorno alle Terme di Agrippa, da cui proviene la famosa Pigna che orna il cortile vaticano e che dà il nome all’intero quartiere, ci fermiamo ad ammirare la “ciambella,” una sagoma di laterizio a semicerchio che era il calidarium delle terme, dentro il quale, guarda caso, insistono oggi edifici abitativi…
In piazza della Pigna un pensiero va al coraggioso Stefano Porcari, la cui famiglia ebbe un palazzo proprio in questa zona, che a metà Quattrocento tentò, come prima di lui Cola di Rienzo, e dopo, molto dopo, i patrioti del 1849, di provocare un’insurrezione contro il papa e instaurare la Repubblica. Inutile dire come andò a finire…
Per ultimo, prima di chiudere di nuovo l’anello a Largo Argentina, via Celsa con i resti del tempio forse delle Ninfe…
Attendiamo con trepidazione la riapertura della Crypta Balbi per approfondire con la guida dell’eccellente Giulia Facchin, la storia del disordinato, magmatico, vitale paesaggio di questa incredibile città.