Non c’è niente da fare, la Regina viarum ha sempre un fascino particolare, che sfida il traffico, i rumori… In una giornata come quella di ieri, gelida e limpida, averla potuta ammirare dall’alto di uno dei torrioni della sua porta, la porta Appia (poi cristianizzata in S. Sebastiano in virtù della vicinanza con la basilica intitolata al martire), accompagnati da Emanuele Gallotta, che ha dipanato le vicende storiche e costruttive delle mura con una chiarezza degna del meteo, è stato un vero privilegio. Con l’ausilio di una disposizione museale altrettanto chiara.
La porta San Sebastiano si apre nelle Mura Aureliane, le mura che Roma conserva in modo cospicuo, mura all’inizio non altissime (i goti non avevano macchine da guerra) ma via via innalzate di livello: iniziate da Aureliano, consolidate insieme ai torrioni da Massenzio, aumentate quasi del doppio da Onorio. Costruzione di architetti non provenienti dall’esercito (i militari erano occupati full-time ai confini…) che inglobano tutto ciò che si trovano sul cammino, piramidi, anfiteatri… che lavorano con maestranze che innalzano ciascuna pezzi di muro di una lunghezza di 12 metri. Poi bisogna “ricucire” e uniformare il tracciato. Le mura non sono omogenee fin dall’inizio.
Quello che più affascina è che l’alta qualità estetica dei torrioni e dei camminamenti deriva da pure e semplici esigenze funzionali. Onorio solleva e aggiunge, il cammino di ronda scoperto viene allargato e coperto a volta e oggi questa bellissima fuga di strette arcate si configura quasi come una preziosa loggia verso il giardino che è alle spalle della porta (è proprietà privata: non sappiamo chi sia colui che ha la possibilità di stare qui, a godersi la pace al riparo di questa macchina da guerra, imponente resto di un’epoca in cui Roma è sotto una pressione inaudita, ma certo sarebbe bello se il suo giardino fosse un parco pubblico).
Il binomio laterizio-travertino, le scale, non a norma per noi, percorse da milizie in epoca medievale e fino alla battaglia per la difesa della Repubblica Romana, la chiostra dei monti del vulcano laziale e – più lontani ma visibili nella visione circolare dal torrione – i monti tiburtini innevati: il vestibolo di una città pazzesca…