Pioggia torrenziale, un funerale in un edificio di culto, una funzione per i 50 anni di matrimonio nell’altro. Sotto al tendone delle attività parrocchiali, distribuzione di cibo e altro da parte della Caritas.
La nostra visita è iniziata così: praticamente ogni strada era un vicolo cieco. Eppure Emanuele Gallotta è riuscito a fare esattamente il percorso che aveva previsto, se pur con qualche andirivieni. È stato il bel racconto di come le strutture architettoniche assorbano funzioni e simboli a seconda della comunità di riferimento e di come, nelle fasi storiche di passaggio, come fu quella del primo Cristianesimo, si possano rintracciare persistenze e soluzioni di continuità.
Dalla prima basilica circiforme (cioè con una pianta che ricalca quella dei circhi e che prevede che le navate laterali proseguano dietro l’abside, schema che non sopravvive al periodo costantiniano), presso la necropoli che conteneva la tomba di Agnese, al mausoleo di Costantina (identificata con una santa Costanza che nulla aveva a che fare in realtà con la figlia di Costantino e Fausta…), con la sua struttura a doppio involucro e i suoi preziosi mosaici (di qualità eccelsa quelli della vendemmia e dei “ritratti”, delle ghirlande e dei festoni di frutta, meno eccelsi quelli “ideologici” propagatori della pace della Chiesa perseguita da Costantino e ottenuta tramite l’editto del 313), infine alla vera e propria basilica “ad corpus”: la basilica onoriana costruita nel VII secolo presso la tomba di Agnese, martire fanciulla.
La chiesa, come accade a S. Lorenzo fuori le Mura, è semi-interrata perché doveva essere comunicante con il livello cimiteriale più basso. L’accesso dall’esterno avveniva tramite una rampa che a noi oggi sembra una sorta di museo lapidario ma che aveva una vera e propria funzione liturgica. Era il VII secolo e Roma era pienamente bizantina. Di questa Roma, di cui non c’è quasi più traccia, resta qui uno splendido lacerto: il rilucente mosaico a fondo oro. In una epifania lucente la santa vestita in abiti regali appare nell’abside tra papa Simmaco, che nel V secolo era intervenuto in restauri nella zona della basilica costantiniana e infine il papa che le da il nome, Onorio I.
Grazie ad Emanuele, alla sua pazienza, alla sua saggezza e alla sua destrezza e a tutte le presenti e a tutti i presenti per aver reso questa mattinata così piena e piacevole.