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Gli dèi dell’Olimpo XII / Poseidone

La solitudine, quella condizione interiore che il nuotatore che scivola sull’acqua una bracciata dopo l’altra così bene incarna, non va via, anche se si è in mezzo a tante persone. Anche se si parla, si scherza, si ride, si è soli. Però è una solitudine bella e preziosa, che non ha nulla a che fare con la tristezza o la malinconia. 

Carola Barbero, L’arte di nuotare. Meditazioni sul nuoto

È solo Poseidone, nel profondo del mare di cui è signore? Gli pesa la sua solitudine? A giudicare dalle sue imprese e dal suo carattere sembrerebbe proprio di sì ma, in quanto proiezione cosmica dei timori dell’uomo di fronte alla potenza infinita delle acque marine, forse un po’ lo si capisce. A volte tranquillo, a volte agitato, a volte di forza soverchiante, il mare rovescia le navi mandando in malora carichi di merce e di uomini, si abbatte sui litorali e annienta in pochi secondi tutto ciò che si oppone alla sua furia. Eppure, non c’è spettacolo più pacificante di un mare calmo, all’alba o al tramonto, quando le sue acque per effetto della luce sembrano davvero “colore del vino” come cantavano gli antichi poeti.
Il mito pre-olimpico racconta dell’inizio di tutte le cose dal Caos: esseri portentosi che, lentamente, emergono per l’attività generatrice di Gea, la Madre Terra. Anzitutto il figlio Urano “stellato”, che si accoppierà con lei incessantemente dando vita a Rea, a Teti, a Mnemosine, e altri figli portentosi fino al più giovane, Crono, che evirando il padre, lo mette in condizione di non nuocere ponendo fine alla sua compulsiva generatività.
Ma Il potere, già in questi tempi primordiali, acceca, e Crono, che lo ha conquistato, imprigiona tutti i fratelli e si accoppia con Rea, sua sorella. Per evitare la profezia che lo vede ucciso da suo figlio, ogni anno ne divora uno: così tra le sue fauci finiscono Estia, Demetra, Era, Ade e Poseidone.

Francisco Goya, Crono divora i suoi figli, 1819-23 ca., Madrid, Museo del Prado

Alla nascita dell’ultimo figlio maschio, Zeus, Rea lo sottrae al padre dandogli in cambio una pietra e affidando il neonato ai pastori del monte Ida, a Creta. Nel grembo del padre rimangono tutti gli altri al riparo della pietra inghiottita per ultima. Un bel giorno Zeus, ormai grande, si presenta al padre come coppiere e gli offre una mescolanza di vino ed emetico. Crono beve, beve a dismisura fino a stare male e a vomitare prima la pietra e poi tutti i figli che in seguito, al comando di Zeus, inizieranno la guerra contro i Titani, aiutati dai  Giganti. Alla vittoria dopo questa contesa – durata, guarda caso, dieci anni – i Giganti dotarono Zeus del fulmine, Ade dell’elmo che rende invisibili e Poseidone del tridente. Crono e Titani finiscono nel Tartaro, oppure, secondo alcuni, nelle isole dell’Occidente… A questo punto i tre fratelli vittoriosi devono spartirsi il bottino che è il dominio sull’universo. Stabilito che la terra appartiene a tutti e tre, a sorte si giocano cielo, mare ed oltretomba. Ade finisce sotto terra, Zeus impera nell’alto cielo, Poseidone regnerà sul mare.

Caravaggio, Zeus, Poseidone e Ade, 1597 ca., Roma, Villa Ludovisi, Casino

Sua dimora, una magnifica reggia sottomarina, con il set che ben conosciamo: tritoni, nereidi, il grande cocchio tirato da ippocampi il cui apparire fa cessare le tempeste. Spesso nelle immagini è raffigurato in trionfo sul mare con la sposa Anfitrite e un corteo che ricorda la frenesia della compagnia di Dioniso, con lo stesso apparato di creature semiferine, ma in versione acquatica.

Luca Giordano, Poseidone e Anfitrite, 1682-85, Firenze, Palazzo Medici-Riccard

Un dio poderoso, dai capelli bianchi e inanellati, così lo descrive un’ampia iconografia, sebbene nell’Iliade venga descritto dai capelli bruni, intento a scatenare o placare tempeste in mare, o spaventosi terremotI (“ennosigeo”, scuotitore di terra, è uno dei suoi più antichi epiteti).

Un dio bruno e ancora possente è alle prese con un pesce dentato, come un anziano pescatore, in un dipinto attribuito a Guercino, forse con la collaborazione del nipote Benedetto.

Guercino e bottega (attr.), Poseidone, 1625 ca. Coll. privata

E sempre anziano ma vigoroso è il malinconico Nettuno-Andrea Doria di Bronzino, a indicare una perfetta simmetria tra il dio del mare e il vittorioso ammiraglio.

Agnolo Bronzino, Andrea Doria come Poseidone, 1545-46, Milano, Pinacoteca di Brera

Famosa è la disputa con Atena per il predominio dell’Attica. Leggiamo il racconto nella “Biblioteca” di Apollodoro:

Cecrope, figlio di Gea, con il corpo metà di uomo e metà di serpente, fu il primo re dell’Attica, e la regione che prima si chiamava Acte da lui prese il nome di Cecropia. In quel tempo, si racconta, gli Dèi decisero di dividersi le varie città, perché ogni Dio avesse il suo culto particolare in una determinata città. Il primo ad arrivare in Attica fu Poseidone; e con un colpo di tridente fece apparire nel mezzo dell’acropoli un mare, quello che adesso si chiama Eretteide. Dopo di lui giunse Atena, che chiamò Cecrope a testimone della sua presa di possesso della città, e vi piantò un ulivo. I due Dèi vennero a contrasto per il possesso di quella terra; Zeus li fece smettere, e chiamò dei giudici per risolvere la faccenda […],  i dodici Dèi. Il loro giudizio fu che la terra spettava ad Atena, perché Cecrope aveva testimoniato che lei per prima aveva piantato l’ulivo. Atena, dal suo nome, chiamò la città Atene; Poseidone, con l’animo pieno d’ira, allagò la pianura Triasia e fece sommergere dal mare tutta l’Attica.

Atena e Poseidone, calix a figure rosse, 360 a.C. ca., Parigi, Louvre

Insomma un personaggio di carattere irascibile (lo sono un po’ tutti gli dèi e gli eroi del mito, è vero) e permaloso; come Ade sempre un po’ “rosicone” rispetto al fulgido fratello. Di tutti e tre i fratelli è temibile la vendetta, come sa bene Ulisse che “deve” proprio a Poseidone il suo errare per il Mediterraneo dopo aver accecato Polifemo, figlio del dio dall’acuminato tridente…

Cronide (da Capo Artemisio), 489-70 a.C., Atene, Museo Archeologico Nazionale

Il suo comportamento nel conflitto forse più importante dell’età arcaica, la Guerra di Troia, è, manco a dirlo, ondivago. Sta con i Greci ma parteggia per Enea e, al momento del suo scontro con Achille, lo sottrae a morte sicura, avvolgendo quest’ultimo in una nebbia che gli impedisce di vedere e sollevando e sbalzando Enea lontano. Supremo scorno, depone la lancia di bronzo del troiano ai piedi di Achille che, come di consueto, perde un po’ la testa.

Come i fratelli ha bramosie erotiche impellenti, raccontate puntualmente da Ovidio, Apollodoro, Igino. Sono almeno tre gli amori che gli si ricordano, oltre ad Anfitrite (e oltre a un oscuro innamoramento per Medusa): Coronide, Cenis e Amimone.  Quest’ultima era una delle figlie di Danao che un giorno, andando a cercare l’acqua, venne importunata da un satiro da cui la salvò Poseidone. Per una volta sembra che l’attrazione sia stata reciproca e anche socialmente gradita visto che, nella riarsa regione dell’Argolide in cui avvenne il tentato stupro, il tridente scagliato da Nettuno,  conficcatosi nel terreno, provocò la fuoriscita di una sorgente che alleviò l’arsura di quella contrada tramutandosi poi in fiume.

C.A. Van Loo, Poseidone e Amimone, 1757 ca., Parigi, Louvre

Dopo i templi a lui dedicati in tante città, tra cui la magnogreca Taranto, e le splendide statue classiche, una fine non troppo ingloriosa per la sua effigie scolpita è quella di… oggetto d’arredo, in grande formato nelle fontane pubbliche, o nel piccolo formato degli oggetti da tavola.

Poseidone di Milo, II sec. a.C (ultimo quarto), Atene, Museo Archeologico Nazionale
Bartolomeo Ammannati, Fontana del Nettuno (“Il Biancone”), 1550-65, Firenze, Piazza della Signoria
Benvenuto Cellini, “Saliera” di Francesco I, 1540-43, Vienna, Kunsthistorisches Museum

E infine, ai nostri tempi, è proprio un figlio di Poseidone, Percy Jackson, a essere il protagonista di una fortunata saga, scritta da Ryck Jordan, poi serie tv.

Così gli si rivolge il padre in “La battaglia del labirinto”: 

Percy, ci sono creature infime che fanno molte cose orribili in nome degli dei. Questo non significa che gli dei le approvino. Il modo in cui i nostri figli e le nostre figlie agiscono nel nostro nome… be’, di solito rivela più cose sul loro conto che sul nostro. E tu, Percy, sei il mio figlio prediletto.

Logan Lerman in “Percy Jackson”

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