Con temperature estive siamo andati alla scoperta del Villaggio Breda, borgata romana sorta alla fine degli anni ’30 a sud della via Casilina, presso Torre Gaia.
Classico esempio di architettura razionalista povera ma essenziale, venne edificato al fine di ospitare una parte dei lavoratori della fabbrica di armi Breda.
Dopo la fine della guerra, a seguito della chiusura della fabbrica, il Villaggio Breda ha perso la sua funzione originaria conservando un interesse di natura storica e architettonica.
La nostra guida Alberto Coppo ci ha accompagnati con la consueta competenza attraverso i singoli lotti abitativi, caratterizzati da elementi distintivi comuni: costruzioni ad uno o massimo tre piani edificati con mattoni e blocchi di tufo, presenza di ballatoi, scale di accesso per singolo piano, cantine seminterrate, intonaco bicolore (giallo o verde malva chiaro), presenza di orti e giardini assegnati a ciascuna abitazione, a creare un’area semi-rurale che non aveva e non ha tuttora eguali fra i quartieri e le borgate romane.
Un ambiente nel quale spazi pubblici e privati si confondono e amalgamano favorendo un senso di comunità identitaria che inevitabilmente è andato perso in altre aree della capitale.
Nel corso della passeggiata siamo stati infatti fermati da diversi residenti “bredaroli” che, incuriositi dalla presenza del piccolo gruppo di visitatori, hanno avuto piacere di presentare il loro quartiere e il loro spaccato di vita da custodire e da tramandare.
Il “giro ad anello”, tipico di queste passeggiate, ha avuto inizio e conclusione davanti alla chiesa in Piazza Siderea. Qui la visita ha avuto epilogo, presso la pietra di fondazione della borgata, posta il 29 maggio 1939. La sua iscrizione dedicatoria al re Vittorio Emanuele III, a Mussolini e ai lavoratori con l’augurio di una lieta vita familiare, è stata scalpellata per “damnatio memoriae”, buttata in un terreno e recuperata nel 2006: un’immagine molto rappresentativa del tempo che passa, delle istituzioni e dei loro protagonisti che cambiano.
Eternamente grati ad Alberto Coppo, soprattutto noi romani, che magari conosciamo anche la storia, ma siamo più che deficitari nella conoscenza dei luoghi in cui hanno vissuto e vivono i nostri concittadini.