Continua la nostra esplorazione dei quartieri INA-Casa a Roma a cura di Alberto Coppo.
Ieri tappa al Tiburtino, progettato da un gruppo di architetti coordinati da Mario Ridolfi e Ludovico Quaroni. Qui abbiamo potuto ammirare la varietà degli edifici che compongono un vero e proprio paese all’interno della città e dove le strade si snodano tra torri, edifici in linea e case a schiera con i loro ballatoi esterni.
Nulla, per quanto sembri spontaneo, è lasciato al caso: sono infatti i dettagli architettonici a colpirci perché utilizzati in modo davvero espressivo. Dai mattoni forati per i parapetti esterni, ai balconi esagonali, alle finestre dalle geometrie inaspettate, tutto concorre a ricreare un ambiente urbano a portata d’uomo, dove l’incontro tra le persone, al riparo dalla trafficata via Tiburtina, è stimolato da numerosi cortili che si susseguono in una sequenza continua.
Manifesto del neorealismo in architettura, questo quartiere testimonia la sapienza artigianale dei suoi autori e la loro cura dei particolari nell’allestire case popolari dal tono fantasioso, come ricordato dalle parole di Pasolini che proprio qui fa vivere Tommasino, uno dei protagonisti de “Una Vita Violenta” del 1959: “Ma ecco un giorno cominciarono a impastare di palazzi tutto lì intorno, sulla Tiburtina, poco più su del Forte: era un’impresa dell’INA Case, e le case cominciarono a spuntare, sui prati, sui montarozzi. Avevano forme strane, coi tetti a punta, terazzette, abbaini, finestrelle rotonde e ovali: la gente cominciava a chiamare quei caseggiati Alice nel Paese delle Meraviglie, Villaggio Fatato, o Gerusalemme (…).
Adesso era lì, tutto bello pronto, con interno una specie di muretto di cinta sui praticelli ch’erano rimasti quelli che erano, pieni di zozzeria. Le strade nuove nuove entravano in curva in mezzo alle case, rosa, rosse, gialle, tutte sbilenche esse pure, con mucchi di balconi e abbaini e sfilate di parapetti. Arrivando con l’autobus, a vederlo, quel quartiere pareva davvero Gerusalemme, con quella massa di fiancate, una sopra l’altra, schierate sui prati, contro le vecchie cave, e prese in pieno dalla luce del sole“.