Sotto un cielo di smalto, siamo ascesi a una fastosa dimora “di campagna”, Palazzo Farnese a Caprarola.
Lievemente ossessionati dal proprio potere e dalla propria visibilità, acquisiti con spregiudicatezza, i Farnese fecero costruire nel borgo preesistente, a fondale scenografico di un rettifilo ascendente, una vera e propria reggia o meglio una fortezza pentagonale in forma di palazzo. Il primo impianto, risalente agli anni ‘30 del Cinquecento, si deve ad Antonio da Sangallo il Giovane, per Alessandro senior, poi papa Paolo III, proseguito, quando le cure del papa si rivolsero soprattutto a Roma, da Alessandro junior, il Gran Cardinale suo nipote, alla fine degli anni ‘50, ad opera di Jacopo Barozzi da Vignola.
Si sale per gradi tra, piazzole, rampe e gradini fino alla piazza su cui affaccia il palazzo, che sembra dire: “ce l’avete fatta, ora godetevi lo spettacolo della nostra gloria”.
Impossibile descrivere in breve gli interni, non tanto per lo splendore degli affreschi (incredibilmente conservati) dovuti ai migliori artisti su piazza: Antonio Tempesta, i fratelli Zuccari… , quanto per la concezione unitaria di uno spazio “parlante”: dal cortile circolare alla scala a chiocciola, dalle pareti esterne trattate con inconsueta leggerezza, da cui si accede all’ “appartamento di stanze” com’è definito dalle fonti.
E nelle stanze che si susseguono si dispiega tutta la cultura antiquaria intrisa di intellettualismo sincretico che Annibal Caro ha saputo impiegare nel complesso programma iconografico. Ed ecco allora nel salone regio Ercole, immancabile self made man, adottato da quasi tutte le nobili casate, soprattutto da quelle, come i Farnese, che hanno saputo superare “prove” al fine di costruire il proprio patrimonio territoriale, opportunamente dipinto sulle pareti: i ducati di Castro, di Parma, di Piacenza e – in piccolo – i territori feudali di Vico, Caprarola, ecc. Da qui si gode di un affaccio di stupefacente bellezza, in asse con il rettifilo, verso la campagna sabina, con il masso del Soratte in splendido isolamento.
Si passa nella sala dei Fasti farnesiani (sì, anche qui…) il cui sottotesto propagandistico è: siamo stati capaci di trattare e stabilire alleanze con i massimi contendenti dell’epoca (i re di Francia e l’imperatore), senza inimicarci nessuno, cosa evidentemente discutibile ma tant’è…
E poi in numerose sale tutte stupendamente affrescate e dai complessi significati simbolici legati alle destinazioni d’uso delle stanze stesse (Sala della Solitudine, Sala della Penitenza, Sala degli Angeli, Sala dell’Aurora…).
E se non se ne ha abbastanza, ecco il parco, anzi il barco, come era definito il terreno di caccia, acquisito dai Farnese che, in una competizione senza risparmio di colpi con le dimore vicine (Bagnaia), è affiancato da giardini all’italiana con labirinti di bossi, splendide rose e alberi centenari.
A coronamento, per gli ospiti più intimi, una piccola palazzina nel punto più alto del giardino e del Palazzo, che affaccia su una fontana digradante in tufo, simile alle tante viste nelle dimore nobiliari, ma qui inaspettata e con una sensazione di quasi “troppo pieno” estetico.
Questo è solo un brevissimo resoconto: come accennato, non solo è impossibile rendere giustizia alla ricchezza del sito in un post su un social come questo, ma anche dello strepitoso, informato e divertente racconto che la nostra Federica Di Folco ci ha offerto, quasi tenendoci per mano per non farci perdere tra tanta magnificienza.



















