Il nuovo anno si è aperto per la nostra associazione con la mostra alle Scuderie del Quirinale dedicata a uno degli artisti più rappresentativi del Seicento, Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (1591-1666).
La nostra guida, Federica di Folco ci ha innanzitutto fornito le coordinate principali per inquadrare il pittore nel giusto contesto storico e culturale.
Nato a Cento, nella provincia ferrarese, deve la sua affermazione come pittore all’ascesa al soglio pontificio del bolognese Alessandro Ludovisi, che prese il nome di Gregorio XV. Fu un pontificato di soli due anni, dal 1621 al 1623, ma ricco di eventi, segnato dal mecenatismo suo e da quello di suo nipote, Ludovico Ludovisi. In quella breve stagione Roma divenne un cantiere di nuove fabbriche, animato dalla presenza di diversi artisti, per lo più conterranei del papa e tutti debitori in varia misura alla scuola bolognese più importante di inizio secolo, quella dei Carracci. Si trattava di Guido Reni, Domenichino, Lanfranco e, appunto, Guercino.
Poche e frammentarie le informazioni sul suo apprendistato, probabilmente presso botteghe di non altissimo livello. Sicura è invece l’influenza dell’ambiente artistico dei Carracci, in particolare di Ludovico, che fu fonte di ispirazione nel marcato carattere intimistico, nella animata gestualità dei personaggi, nel brillante colorismo dai forti contrasti di luce.
Come da abitudine consolidata in questo luogo espositivo, la mostra si apre con il capolavoro emblematico di un’artista: per Guercino il “Seppellimento e gloria di santa Petronilla”, monumentale pala per San Pietro in Vaticano, alta più di sette metri, di cui è presente una perfetta riproduzione digitale, considerata l’inamovibilità dall’attuale sede dei Musei Capitolini. Emerge a prima vista una rappresentazione dal forte pathos in un tripudio di colori fra i quali il blu-azzurro che, nel contrasto con un luminosissimo bianco, diventa una cifra stilistica del pittore e si ritrova in moltissime opere in mostra.
Meno monumentali, ma di non minore valore artistico, le successive opere, descritte da Federica con dovizia di riferimenti storici e letterari. Nell’”Erminia ritrova Tancredi ferito” è illustrato un episodio della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, con una magistrale resa plastica e dinamica delle figure; nella “Susanna e i vecchioni” un episodio biblico variamente rappresentato e molto amato dalla sensuale pittura del ‘600 per la commistione fra misericordia divina e desiderio sessuale; nel “San Matteo e l’Angelo” il tema evangelico viene evocato da oggetti quali la penna, il calamaio e il libro con la firma del santo.
Tante altre sono le opere esposte, e numerosi i confronti con artisti quali Van Dyck e i suoi ritratti incomparabili, Guido Reni, di cui è la strepitosa Trinità, dalla Trinità dei Pellegrini di Roma, in cui campeggia uno dei più bei Crocefissi della storia dell’arte… E poi i tanti paesaggi, che rimandano all’Arcadia quale luogo idilliaco e vagheggiato di vita bucolica, presente nella poesia e nella cultura del tempo. Anche qui il colorismo del Guercino appare vivido ed armonioso allo stesso tempo.
Sicuramente la mancanza di alcuni prestiti ha reso un po’ monca la sezione della mostra dedicata all’arrivo nella collezione Ludovisi, avvenuto nel 1621, dei due Baccanali di Tiziano (Gli “Andrii” e l’”Offerta a Venere”, oggi al Prado) perché questo fatto, centrale nel periodo esaminato, ha segnato una svolta importantissima nella storia della pittura a Roma, dando l’avvio alla corrente neo-veneta, fondamentale per il barocco nascente. Per fortuna si è riusciti a portare in mostra repliche assai belle…
Infine una curiosità: l’opera impressa sul biglietto di ingresso, il corrusco Mosè proveniente dalla collezione Rothschild, ha un valore di circa 2 milioni di euro. Solo 2 anni fa aveva una base d’asta di circa cinquemila euro in quanto attribuita ad anonimo artista bolognese…
