La Basilica fuori le mura di San Lorenzo al Verano, è una delle più interessanti dell’intero Medioevo romano. Affermazione non nuova ma che viene comunque spontaneo fare dopo una visita attenta, dettagliata, amorevole, come quella che gli abbiamo dedicato ieri: la nostra guida, Emanuele Gallotta, e anche noi visitatori, curiosi e ammirati dai suoi tanti aspetti distintivi svelati mano a mano da Emanuele.
Dapprima sorse, accanto alla tomba del martire, una basilica cimiteriale “circiforme” simile ad altre di epoca costantiniana. Di questa “Basilica maior” non esiste quasi più nulla se non scarse vestigia. Sulla tomba del martire sorse invece un oratorio che fu sostituito da una basilica alla fine del VI secolo, quando Roma era bizantina e quando il papa era Pelagio II. Una basilica aperta su un endonartece e perfettamente illuminata da grandi finestre.
Estestica della luce pienamente recepita ed esaltata nel primo ‘200, quando Cencio Savelli, papa Onorio III, decise di raddoppiare la basilica, invertendone l’orientamento e convertendola in presbiterio della nuova. Già questo raddoppio, sebbene non sia un unicum, dà il senso dell’audacia del progetto, ma via via che si analizzano gli spazi, le misure, i magnifici elementi architettonici di spoglio, si scopre che le novità sono molte e disegnano un edificio senza uguali. Infatti, nonostante gli interventi di metà ‘800 che hanno, tra le altre cose, alzato i muri interni, esso evidenzia la compresenza di elementi diversi: il piede bizantino per la definizione dello spazio e il piede romano per le dimensioni dei (magnifici) elementi strutturali e decorativi di spoglio. Una basilica “moderna” che parla un linguaggio antico, certo neanche questa una novità a Roma, ma la realizzazione finale onoriana è di sicuro il più complesso e ambizioso edificio ecclesiastico della Roma di primo Duecento. Questo si deve anche ai sorprendenti e arditi prospettici derivati da calcoli per niente banali. Il più notevole di tutti è l’effetto di inclinazione rispetto all’asse che non è dovuta a problemi strutturali ma risponde a una precisa ragione estetica. La basilica pelagiana, ovvero il presbiterio della onoriana, a causa di questa rotazione di 2,40 gradi, viene percepita dal nuovo ingresso nella sua interezza: la mente si aspetta sul lato sud quello che “vede” sul lato nord e apprezza la tridimensionalità meglio e di più di quanto faccia una visione assiale “corretta”. Un edificio dunque di grande audacia e al tempo stesso capace di dialogare esteticamente con i dati della tradizione romana, paleocristiana, bizantina.
E poi: un pavimento cosmatesco tra i più belli di Roma, il portico, che mostra l’eleganza tipica delle produzioni dei Vassalletto, altra famiglia celebre di marmorari romani, restaurato tra la fine della Seconda guerra mondiale e gli anni ‘50 del Novecento dopo l’insulto del bombardamento del 1943, lo splendido pulpito “in cornu evangelii”, il bel campanile, l’appartato e silenzioso chiostro…
La memoria del diacono Lorenzo, protomartire assieme a Stefano, non potrebbe avere una cornice migliore in questa basilica a doppio involucro, antica e moderna, orientale e occidentale, in una parola, romana.