Palazzo Massimo, edificio di fine ‘800 che ospitava il collegio dei Gesuiti, è stato acquistato dallo Stato italiano nel 1912 per diventare una delle sedi del Museo Nazionale Romano.
Come si usa dire, è uno scrigno di tesori, che è consolante vedere affollato almeno nelle domeniche a ingresso gratuito… Accompagnati da Sara Millozzi abbiamo attraversato i secoli di maggiore splendore della Roma tardo-repubblicana e imperiale, riflessi nella bellezza di statue, affreschi, mosaici e stucchi in una esposizione davvero strabiliante in cui ci si ripromette di tornare e ritornare. Data la vastità della raccolta, è stato infatto inevitabile concentrare la nostra attenzione solo su alcuni reperti. Il cosiddetto Pugile a riposo è probabilmente il fiore all’occhiello della collezione. Scultura in bronzo attribuita a Lisippo (IV secolo A.C.), è stata ritrovata dall’archeologo Rodolfo Lanciani nel 1885 in scavi alle pendici del Quirinale. Vivide, quasi tattili, le sue parole: «Sono stato presente, nella mia lunga carriera nell’attivo campo dell’archeologia, a molte scoperte; ho sperimentato una sorpresa dopo l’altra; ho talvolta e per lo più inaspettatamente, incontrato reali capolavori ma non ho mai provato un’impressione straordinaria simile a quella creata dalla vista di questo magnifico esemplare di un atleta semi-barbaro, uscente lentamente dal terreno come se si svegliasse da un lungo sonno dopo i suoi valorosi combattimenti». Possiamo aggiungere la meraviglia per la capigliatura rifinita a bulino e per l’utilizzo dell’agemina di rame per evidenziare le ferite del volto. E quel gesto, tipicamente lisippeo, del repentino girarsi della testa dell’atleta che ha intravisto qualcosa, o che cerca di individuare da dove proveniene ciò che forse ha udito. Forse, perché l’atleta è sordo, come testimoniano le sue orecchie tumefatte per i tanti colpi subiti…
Di epoca più tarda ma con i medesimi caratteri lisippei è ‘il principe ellenistico’, ritrovato negli stessi luoghi dallo stesso studioso e rappresentante un giovane nudo poggiato su un’asta con posa eroica. Probabilmente di tratta del re di Pergamo Attalo II o comunque di un principe ellenistico. Anche qui stupefacente la maestria della lavorazione a bulino della leggera barba del volto.
La Niobide ferita, il monumentale Augusto di via Labicana, l’ara adrianea proveniente da Ostia antica dedicata al dio Silvano, il Discobolo Lancellotti, eccelso esempio di stile “severo”, dal volto impassibile anche nello sforzo, forse la più celebre copia dell’originale in bronzo di Mirone, nonché oggetto ultimamente di ridicole rivendicazioni da parte del direttore della pur prestigiosa Gliptoteca di Monaco. Questi ultimi sono solo alcuni esempi di statuaria in marmo nella quale mito, leggenda e storia si fondono.
Gli affreschi della villa di Livia a Prima Porta sono stati degna conclusione della nostra visita, guidata come sempre in modo esemplare, esaustivo e appassionante, da Sara Millozzi. Il soggetto della decorazione è un verdeggiante giardino-ninfeo con una variegata rappresentazione delle numerose specie vegetali e avicole, realistica perché fortemente mimetica, non realistica per via delle incongruenze stagionali. Lo sfondo dai toni soffusi e la presenza di semplici elementi architetturali forniscono adeguata profondità prospettica agli ambienti, a riprova delle competenze anche pittoriche delle maestranze romane.
Forse uno degli ambienti ricostruiti nello splendido museo che più ci riportano indietro nel tempo, alla peculiare essenza del potere all’epoca di Augusto, che si mostra e si dissimula, in forme auliche o come qui nello splendore della vita quotidiana.