Per la nostra visita di oggi a Piazza Vittorio e dintorni, ci stiamo ritrovati davanti alla chiesa di Sant’Eusebio all’Esquilino, in piena coincidenza con l’inizio, in esterni, della messa per la Domenica delle Palme. Per forza di cose (e di megafono dell’officiante) ci siamo subito spostati presso il giardino centrale e da lì abbiamo iniziato la visita.
La rinomatissima piazza Vittorio Emanuele II è l’emblema del tentativo di trasformare la vetusta capitale dello Stato pontificio nella moderna capitale d’Italia, un progetto architettonico – urbanistico che Matteo Piccioni ci ha illustrato attraverso le sottese, ambiziose motivazioni culturali e le luci ed ombre della sua realizzazione.
La piazza nasce su progetto di Gaetano Koch negli anni ottanta dell’ ‘800 su un’area storicamente adibita a orti, vigne e ville suburbane. Idea alla base del Piano Regolatore è la creazione di un quartiere residenziale per il ceto borghese medio-alto con ruolo impiegatizio e funzionario del nuovo apparato statale.
Sui lati lunghi si affacciano due imponenti palazzi di identica fattura, ispirata, come quasi ovunque a Roma alla fine dell’’800, all’architettura rinascimentale ma con un forte apporto eclettico: torri laterali e attico centrale, colonne ioniche al piano terra e balconate.
Una piazza simbolo di modernità: nei pressi della stazione ferroviaria, progettata come la più grande della città e con i portici, inediti a Roma, omaggio ed eredità dell’annessione sabauda. Ma poco è durata l’attrazione per la novità: quasi subito è iniziato un periodo di declino che sembrava inarrestabile.
Il cuore pulsante è sicuramente il giardino, recuperato da pochi anni a decoro e pubblica fruibilità grazie a una lungimirante opera di riqualificazione iniziata con il trasferimento del famoso mercato rionale. Pochi passi per ammirare la ‘Porta magica’, monumento dai rimandi alchemici e unico frammento rimasto della villa edificata dal marchese Palombara a metà Seicento. Nello stesso angolo del parco è il cosiddetto ninfeo di Alessandro Severo, cioè quel che resta della monumentale mostra dell’acqua Iulia. Ha l’aspetto di un rudere ma conserva tutta la sua imponenza, misura ed esempio per le mostre d’acqua rinascimentali e barocche… E l’acqua rimane protagonista con la fontana ornata dal “Fritto misto”, come venne sarcasticamente ribattezzato il gruppo di Mario Rutelli, con tritoni, un polipo e un delfino avvinghiati, spostato qui dalla Fontana delle Naiadi in Piazza Esedra, per la quale venne eseguito un gruppo meno confuso… Frammenti di storia e di arte racchiusi nel colpo d’occhio di sistina memoria (Sisto V) che unisce le basiliche di Santa Maria Maggiore e di Santa Croce in Gerusalemme. A fare da sfondo un quartiere vivace, decisamente riqualificato e ancora, per fortuna, multietnico.
Anche la tappa successiva presso la chiesa dei Santi Vito e Modesto, snodo delle due vie che abbracciavano il quartiere, ripropone l’attenzione pontificia per i luoghi di culto della città: l’antico edificio ecclesiastico, incastonato fra l’arco di Gallieno e i resti delle mura Serviane, è stato ricostruito nella seconda metà del ‘400 da Sisto IV.
Il percorso di visita si è concluso davanti a palazzo Brancaccio, nato per volontà di Elizabeth Field, una dama dell’alta società di New York andata in sposa al principe Salvatore Brancaccio con una dote da capogiro… Ultimo palazzo nobiliare costruito a Roma da Gaetano Koch e ampliato successivamente, con evidenti richiami all’ architettura raffaellesca pur nel tono eclettico dell’insieme. Immagine perfetta della pretesa di prestigio di una nobiltà romana non più protagonista della Storia.