Andando a ritroso, le tante opere che abbiamo ammirato nell’Aula ottagona qualche tempo fa, alla mostra sull’“Arte salvata” (tra cui lo struggente gruppo di terracotta “Orfeo e le sirene”), ci hanno reso tangibile l’azione meritoria del Comando dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio, istituito nel 1969. Azione perfettamente in linea con l’articolo 9 della Costituzione sul patrimonio storico e artistico della nazione. I padri e le madri costituenti di certo avranno avuto in mente quelle donne e quegli uomini straordinari che si sono trovate e trovati ad agire in prima persona perché quel patrimonio non venisse alienato, distrutto o disperso a causa degli eventi bellici, o a recuperarlo, come Canova prima di loro.
Una mostra davvero impressionante, quella delle Scuderie, raccontata magistralmente per noi da Federica Di Folco, che non nasconde la sua predilezione per una figura in particolare, quella di Giulio Carlo Argan (peraltro in questo affiancata da parecchi dei presenti…).
Impressionante per l’allestimento che, attraverso la scelta di foderare le pareti delle sale con un involucro di legno, ci fa quasi immedesimare nel “vissuto”, se così possiamo dire, delle opere d’arte figurativa, dei manoscritti, dei tessuti, collocati spesso frettolosamente in casse di legno, e trasportati, sballottati, trasferiti in luoghi che sembravano sicuri ma che cessavano di esserlo via via che il conflitto cambiava direzione… legno chiaro associato a pannelli rossi e neri, molto adatti al bianco e nero della documentazione visiva che accompagna i pezzi esposti.
Difficile sintetizzare l’opera, allo stesso tempo simile e diversificata, dei protagonisti e delle protagoniste di questa vicenda, ma un elenco di nomi può forse bastare ad evocarne le figure: Francesco Arcangeli, Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Noemi Gabrielli, Emilio Lavagnino, Bruno Molajoli, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens. E da ultimo l’ambiguo Francesco Siviero che, seppure fra luci e ombre e con metodi senza dubbio poco ortodossi, ha dato un contribuito sostanziale non solo al salvataggio ma anche al recupero post-bellico: è lui a riportare a casa il Discobolo Lancellotti e la Danae di Tiziano…
Personaggi che hanno rischiato la vita per un’ idea molto alta del proprio mestiere e – come bene ci ha illustrato Federica – chissà se proprio per questo coadiuvati spessissimo dalla Dea Fortuna…
Le opere sono associate a pannelli che ne spiegano la vicenda tormentata e alle foto che le ritraggono nel momento (precedente o successivo) al trafugamento. Anche qui, non è possibile farne un elenco, ma basta qualche esempio: la Danae di Tiziano, la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, il Perdono di Assisi di Federico Barocci, l’Annunciazione di Loreto di Lorenzo Lotto. E poi i bronzi da Ercolano, il vessillo bizantino di porpora e oro, i codici ebraici, gli spartiti di Gioacchino Rossini…
Non abbiamo nominato i protagonisti in negativo di questa vicenda. Ci si presentano in effigie appena entrati in mostra, nella sala di apertura, tradizionalmente a forte impatto emotivo: Adolf Hitler, fotografato davanti al Discobolo Lancellotti e lo stesso Hitler con Hermann Göering insieme al cerbiatto da Ercolano: forse l’emblema più potente dell’innocenza nelle mani della smodatezza associata al potere criminale.