Sebbene le distruzioni e le razzie di monumenti e opere d’arte abbiano sempre fatto parte delle manovre belliche, la Seconda Guerra Mondiale dev’essere considerata come un momento imprescindibile della moderna riflessione sulla tutela dei beni culturali, con un nuovo approccio ai temi del restauro e della museografia che seguì gli esiti drammatici del conflitto.
Negli anni in cui l’Italia è stata al centro dei combattimenti. Seguendo le direttive impartite dal Ministro Giuseppe Bottai nel 1939, chiese e monumenti vengono puntellati e imbottiti con sacchi di sabbia, armature ignifughe sono messe a protezione di statue, fontane e affreschi, mentre dipinti e sculture sono trasferiti in segreto in luoghi ritenuti sicuri. Con l’armistizio nel 1943 e l’avanzare del fronte alleato, al rischio dei bombardamenti si aggiunge quello delle razzie dei beni, restituiti alla fine del conflitto. In questo contesto drammatico agisce un gruppo di funzionari dell’Amministrazione delle Belle Arti, che, coadiuvati da storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, si resero interpreti di una grande impresa di salvaguardia del patrimonio.
La mostra di Scuderie, dall’allestimento suggestivo arricchito da interventi multimediali, ha come obiettivo di ricostruire il mosaico di esperienze e avvenimenti raccontati nei diari e nelle corrispondenze private, secondo un inquadramento storico ampio che legge gli interventi isolati nell’ottica di una efficacissima metodologia d’urgenza.
- A cura di: Federica Di Folco