La visita di ieri a Villa Torlonia ha permesso di fare conoscenza con l’omonima famiglia nel contesto storico e architettonico che ha fatto da cornice alle sue vicende.
Di origini nobiliari non antiche, i Torlonia furono considerati dei ‘parvenu’ dalla antica aristocrazia romana (Borghese, Colonna o Corsini, solo per citare le famiglie più importanti). Avevano quindi la necessità di costruirsi una legittimazione sociale e una adeguata visibilità: a tal fine il parco ed i suoi edifici vennero individuati come una sorta di pedigree.
Particolarmente emblematico appare anche lo stemma di famiglia, che associa la rosa, regina dei fiori, alla cometa, simbolo di ascesa sociale.
Prima tappa del nostro itinerario è stato il Casino Nobile la cui architettura neoclassica si deve al Valadier prima e al Carretti poi, dietro impulso di Alessandro Torlonia che fornì indicazioni per creare ambienti che rimandassero un’immagine di ricchezza e fastosa opulenza. Obbligati gli esempi iconografici degli artisti più eminenti del passato (Raffaello soprattutto) giocati sulle pareti con un esuberante corredo di splendidi stucchi e grottesche. Abbiamo dunque attraversato diverse sale tematiche fra le quali la Sala di Bacco, di Alessandro Magno e la luminosissima Sala da ballo con il maestoso dipinto del Parnaso nel quale, attorno ad Apollo, sono raffigurati illustri personaggi di varie epoche (Dante, Petrarca, Galilei, Newton, etc..) di cui i Torlonia si ritenevano degni eredi.
La nostra visita è proseguita con la Casina delle Civette, immersa in un’area ispirata al giardino paesaggistico inglese e nata ad imitazione di rifugio alpino (la “Capanna svizzera”) per volontà di Alessandro Torlonia e ad opera di Giuseppe Jappelli. A inizio ‘900 il successore di Alessandro, Giovanni Torlonia jr., la fece trasformare dall’architetto Vincenzo Fasolo in una sorta di ‘moderno centro medievale’ con torri, loggette ed altre strutture e arredi in stile liberty. Fu allora che vennero eseguite le splendide vetrate di Cesare Picchiarini su disegno, fra gli altri, di Duilio Cambellotti e con le famose civette, animali notturni e sapienti, che danno il nome al villino. Qui risulta palese l’aspirazione di fornire un ‘immagine di famiglia proiettata anche al futuro, alle sue innovazioni artistiche e culturali.
E ancor più elevata ambizione la si vede in un altro edificio visitato in esterni, la Serra Moresca. Un’infiorata di papaveri ci ha accolto in un complesso ispirato all’Orlando Furioso di Ariosto, come il vicino Campo di tornei, con graffiti a idioma iraniano con lo scopo di universalizzare l’immagine nobile della famiglia.
Il Teatro della villa è stata la nostra ultima tappa. Inaugurato nel 1905 e mai più utilizzato per rappresentazioni sceniche, almeno al tempo dei Torlonia…
Una visita articolata, ricca di connotazioni culturali e storiche che la nostra guida Federica Di Folco ci ha magistralmente rappresentato in un quadro vivido e organico. Ormai siamo abituati: due ore che passano in un soffio…