In una bella mattina di limpido freddo, abbiamo fatto la nostra passeggiata conclusiva del ciclo sulla palazzina romana.
Stavolta il tipico giro ad anello che Alberto Coppo ci ha insegnato a prediligere (perché è solo tornando sui propri passi che si comprende tutto quel che si è visto), si è svolto nel quartiere Parioli che, per via della ricca committenza, ha potuto sfornare tra i più begli esempi di questa tipologia abitativa.
Cinque o sei notevoli palazzine, scalate tra gli anni 1937/ 51, in cui si osserva, nelle facciate e nelle piante, una libertà espressiva sempre maggiore, declinata in diversi modi.
Percorrendo in discesa e poi in salita le vie di San Valentino e Archimede, abbiamo abbracciato Villa Elia, cuore verde del quartiere, intrattenendoci con gli abitanti che, qui come altrove, si lamentano delle buche.
Così, abbiamo visto scorrere le realizzazioni dello studio Ridolfi/Frankl (palazzina Colombo dagli amplissimi ambienti interni, senza cortile, che gioca con la scatola muraria in modo innovativo), di quelle dello studio molto prolifico Monaco/Luccichenti, in cui la struttura raggiunge livelli espressivi notevolissimi.
Tra di esse quelle con i nomi di costellazioni; come le due Antares, una delle due con facciate frastagliate e affaccio mozzafiato sull’Auditorium e – per chi è in alto – verso il Monte Soratte.
Quando terminò la costruzione, nel ‘51, non c’era l’Auditorium ma non c’era neanche il Villaggio olimpico: l’affaccio era su una realtà sociale di segno opposto: la baraccopoli in cui vivevano centinaia di immigrati cui non era stato neanche assegnato un alloggio popolare.
Giro illuminante, come ampiamente previsto: grazie ad Alberto Coppo per la condivisione della sua profonda conoscenza dell’architettura contemporanea (e non solo …).