“Un’arte di sintesi e di semplificazione estrema”, così Margherita Sarfatti definiva la produzione di Mario Sironi già nel 1916, quando il pittore era ancora nell’alveo del Futurismo e il fascismo non si era ancora affacciato all’orizzonte. Fascista fu poi Sironi, senza tentennamenti e senza ripensamenti fino all’adesione alla Repubblica di Salò.
Attraverso circa novanta dipinti, oltre che bozzetti, riviste, ecc., la mostra illustra cronologicamente il suo percorso, incentrandosi sulla produzione degli anni ’30, la pittura monumentale e le decorazioni per luoghi istituzionali, che ne sono segno distintivo e apice allo stesso tempo. “Avete un grande Artista, forse il più grande del momento e non ve ne rendete conto” così si espresse Picasso su Sironi, indicando una via per apprezzarlo, appunto come artista, tragico e potente, al di là dell’appartenenza politica. Impresa quasi impossibile nel dopoguerra, quando fu pressoché ignorato, più semplice oggi.
(a cura di Ada De Pirro)
